EVENTI

    Inquadramento vegetazionale
    Per quanto riguarda il paesaggio vegetale, si può parlare di una sorta di mosaicizzazione, non solo per effetto di quei caratteri microambientali dovuti alla variabile morfologia del territorio, ma soprattutto per l’alternanza sui terreni di pendice di vegetazione di origine antropica (coltivi) e non (verde naturale). Nel primo caso si hanno, oltre che i giardini, i fondi rustici coltivati; nel secondo caso si ritrovano le terre incolte a diverso livello di evoluzione naturale, dalla vegetazione ruderale (che si insedia in habitat creati o modificati direttamente o indirettamente dall’attività antropica), alla macchia, alle aree boscate.
    Le risorse ambientali vengono identificate sostanzialmente con le componenti strutturanti la conformazione naturale dei siti e comprendono le più rilevanti unità morfologiche, connotate nell’insieme da prevalenza dello stato naturale o dell’utilizzazione del suolo a scopi colturali rispetto all’urbanizzazione e all’edificazione. Della classificazione di tali componenti, operate in normativa, è utile riassumere i dati salienti.
    Vi sono aree che, pur se modificate e a volte degradate dalla notevole pressione antropica subita negli ultimi decenni, per la loro natura, localizzazione e interesse culturale potrebbero essere recuperate e restituite al loro aspetto originario attraverso una graduale opera di “restauro ambientale”, realizzato compatibilmente con il livello di antropizzazione del territorio in cui si collocano.
    Sono poi presenti aree classificabili come “sottonaturali”, che risultano costellate da manifestazione antropiche degne di recupero e conservazione alla pari di quelle naturali, le quali vanno in parte utilizzate in funzione della loro vocazione. Tra queste rientrano le aree coltivate, come ad esempio i frammenti di uliveto e di vigneto di Nisida e della conca di Agnano.
    Altre aree sottonaturali sono rappresentate dai vecchi coltivi a pendici terrazzate, abbandonati e oggi colonizzati da elementi di macchia mediterranea. La parte agricola, riconoscibile perché molto spesso sistemata a terrazzamenti per la coltivazione della vite e per i frutteti, presenta zone sparse a bosco ceduo, in particolare di castagno, pianta di antichissimo impiego nelle zone collinari della città.
    Per quanto riguarda invece la presenza di endemismi di interesse botanico e fito-sociologico, fra le zone più significative vanno segnalate alcune aree del versante occidentale di Posillipo, della conca di Agnano e di Monte Spina.
    Un discorso particolare merita la conca craterica di Agnano, in cui ricade il vecchio Comprensorio consortile.
    Essa è posta nell’area orientale dei Campi Flegrei e risulta separata da una serie di rilievi collinari rispetto ai settori urbani occidentali della città di Napoli. Il suo territorio ricade per buona parte (circa 590 ha) entro i limiti comunali di questa città e per la restante porzione nel comune di Pozzuoli (255 ha).
    I confini fisici dell’area coincidono con le creste dei rilievi di origine vulcanica che circondano per intero la piana, conferendole carattere di conca chiusa, coltivata per intero e attorniata per buona parte dalle pendici coperte di vegetazione naturale di monte S. Angelo.
    La conca è un invaso naturale di captazione idrica e risulta avere quindi una particolare vocazione come “zona umida”, tipo di zona che ospita consociazioni vegetali caratteristiche e che costituisce l’habitat ideale per molte specie di uccelli.
    Sull’area della conca di Agnano grava il vincolo della legge 1497/39 per le protezione delle bellezze naturali, il piano paesistico di Agnano – Camaldoli, il parco regionale dei Campi Flegrei.
    Degna di nota dal punto di vita ambientale è anche la zona degli Astroni che confina a Nord-Ovest con il limite del Comprensorio: in tale area è caratteristico il fenomeno dell’inversione “vegetazionale”, determinato dalla differenza di clima e di temperatura tra il fondo, dove crescono essenze tipiche del piano submontano (castagno, olmo, faggio), e il ciglio del cratere, caratterizzato dalla cosiddetta “macchia mediterranea” (con prevalenza di leccio, corbezzolo, lentisco, erica, cisto, fillirea, ginestra, mirto).

    Inquadramento geomorfologico
    Il territorio consortile è ortograficamente connotato da una serie di rilievi collinari separati da conche intra – montane.
    I Campi Flegrei sono un’area vulcanica complessa che comprende il territorio a occidente della città di Napoli, l’abitato cittadino collocato ad ovest della depressione del fiume Sebeto e le isole vulcaniche con il litorale domizio fino al Lago Patria.
    Questi luoghi presentano perciò caratteristiche molto simili dal punto di vista geo – morfologico, sia pure ognuno con le sue particolarità e una storia recente diversa.
    L’intermittente e complessa attività vulcanica dell’area è stata responsabile della costruzione e del successivo smantellamento di più edifici vulcanici. Così, i vulcani interamente conservati nella forma originaria risultano essere i più recenti; di quelli antichi, invece, sono preservate solo le parti risparmiate dalle eruzioni successive e dalle fasi di “collasso” vulcano- tettonico delle strutture.
    Espressione evidente di tale attività vulcanica sono le manifestazioni idrotermali presenti in tutto il territorio dei Campi Flegrei.
    Un esempio è rinvenibile nel bacino di Agnano, dove il complesso termale delle “stufe” sfrutta il vapore caldo che fuoriesce dal sottosuolo. In un’area di circa 70 ettari sono presenti circa 30 sorgenti: le temperature vanno dai 19-20 °C delle sorgenti fredde ai 49-62 °C delle sorgenti ipertermali. Vi sono inoltre fanghi naturali di composizione sulfureo – ferruginosa, radioattiva, alla temperatura di 50 °C. Le terme di Agnano erano conosciute anche nell’antichità e ancora oggi sono visibili i resti delle grandiose “terme romane”, poste di fronte alle attuali ancora funzionanti.
    Nell’ambito del territorio dei Campi Flegrei si possono distinguere diversi ambienti, come di seguito riportato.
    La piana di Fuorigrotta – Bagnoli, che presenta forma triangolare, è circondata da diverse strutture morfologiche, tra le quali quella ricadente nell’ambito di competenza consortile è la struttura posta ad ovest della piana stessa e ne delimita parte del contorno, ovvero Monte Sant’Angelo oltre le pendici esterne di Monte Spina, che proseguendo fino al mare ne chiudono il lato occidentale.
    L’ingressione del mare unitamente al fenomeno dell’erosione ha determinato l’accumulo alla base della collina e della piana dei materiali sciolti, causando l’innalzamento del fondo della piana e il raccordo più dolce con le pareti del versante.
    Diversi fattori hanno contribuito alla creazione di una forte instabilità del versante stesso:

    • l’abbandono dell’attività agricola, che si svolgeva dove le pendenze lo consentivano;
    • l’estrazione del tufo giallo napoletano con il successivo abbandono delle cave;
    • l’intensa urbanizzazione della collina, che ha compromesso il sistema di deflusso delle acque superficiali;
    • l’accumulo sui versanti dei materiali di risulta derivanti dagli sbancamenti, che ha modificato le pendenze originarie.

    La conca di Agnano, già citata, è un antico bacino di circa 6,5 km di perimetro circondato da relitti di diversi apparati vulcanici. Il fondo del bacino è mediamente a 2 metri sul livello del mare, mentre i punti più alti sono rappresentati dai già citati Monte Spina e Monte Sant’Angelo.
    Tutta la cinta della conca di Agnano presenta un andamento complesso, derivante dall’intersezione e dalla sovrapposizione di numerose morfologie vulcaniche. All’interno della conca si riscontra la presenza di terreni marini che segnalano un’inondazione della piana, antecedente all’eruzione di monte Spina. Il bordo della conca è interrotto dalle strutture di due crateri successivi alle eruzioni di Agnano, che rappresentano gli edifici vulcanici più giovani e meglio conservati: ad est si sviluppa il bordo esterno del versante orientale del cratere della Solfatara (circa 3900 anni), i cosiddetti monti Leucogeni (così definiti per il loro colore biancastro dovuto all’alterazione idrotermale e chimica dei tufi e delle pozzolane).
    A nord si rinviene il cratere degli Astroni (circa 3700 anni), un vulcano di grande valore naturalistico, come precedentemente evidenziato.
    Alle falde del versante della Solfatara sgorga la sorgente del Pisciarelli, cosiddetta per lo sgocciolare dell’acqua, dotata di naturali proprietà terapeutiche. L’acqua della sorgente sembra sempre in ebollizione per effetto dello sprigionarsi dell’anidride carbonica.
    I prodotti delle eruzioni succedutesi nell’area della conca sono prevalentemente costituiti da rocce piroclastiche (derivanti da manifestazioni a carattere “esplosivo”) che, in virtù delle loro particolari caratteristiche fisico-chimiche, rappresentano un vero e proprio patrimonio naturale dell’ambiente. Esse infatti alimentano l’industria estrattiva di materiali quali pozzolane e tufi, ampiamente utilizzati in edilizia fin dall’antichità (tracce di attività estrattiva sono state rinvenute lungo tutto il bordo di Monte Spina) e, in condizioni climatiche favorevoli, consentono un incremento della fertilità dei suoli.
    Le pendici interne sono interessate da piccole frane che coinvolgono le coltri superficiali e sono collegate ad eventi piovosi; il loro sviluppo è favorito dalla mancanza di vegetazione e dall’assenza di regimentazione delle acque superficiali.

    Inquadramento idraulico
    Nel comprensorio di competenza consortile si individuano 2 bacini idraulici principali, così distinti:

    • il bacino della Conca di Agnano;
    • l’insieme dei bacini Flegrei.

    Il bacino della Conca di Agnano coincide con il vecchio comprensorio.
    L’insieme dei bacini Flegrei rappresenta la fascia di ampliamento del comprensorio consortile e si estende a nord-ovest rispetto al vecchio comprensorio.

    Inquadramento climatico
    Le caratteristiche climatiche del comprensorio sono quelle tipiche mediterranee che caratterizzano l’Italia centro meridionale con precipitazioni mal distribuite, accentuata aridità estiva, piovosità concentrata e talora torrenziale e temperature miti sui versanti più riparati dai venti del Nord con abbassamenti anche molto sensibili nelle zone ad altitudine maggiore.
    Il territorio consortile è caratterizzato da un clima alquanto uniforme. Più precisamente, sulla fascia costiera esso è temperato caldo, varietà marittima, con inverni abbastanza miti.
    Secondo Mennella (1972) si possono distinguere due tipi di “regimi termici”:

    • nella zona sub-costiera e nella pianura retrostante si manifesta un regime in cui i mesi di luglio, agosto, settembre ed ottobre hanno una temperatura media mensile superiore ai mesi omologhi (ossia rispettivamente giugno, maggio, aprile e marzo); febbraio è mediamente più freddo di dicembre;
    • nella zona costiera invece si riscontra un regime termico in cui tutti i mesi da agosto a novembre sono più caldi rispetto ai corrispondenti mesi che vanno da giugno a marzo, mentre dicembre e febbraio hanno mediamente la stessa temperatura.

    gli elementi essenziali che caratterizzano questo clima sono:

    • la presenza del mare e dei laghi lungo il margine meridionale;
    • i rilievi sub-appenninici e del Vesuvio, rispettivamente a est e a sud;
    • la limitatissima altitudine della pianura;
    • il regime anemologico.

    PRECIPITAZIONI
    Il parametro climatico più importante è la pioggia e la sua distribuzione.
    Nel comprensorio le medie poliennali evidenziano un massimo di piovosità nel mese di novembre. Nei mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre la piovosità media mensile supera gli 80 mm.
    I valori di precipitazione minori si manifestano nei mesi di maggio, giugno e luglio; quest’ultimo risulta essere il mese meno piovoso.
    Oltre alla quantità annuale di pioggia, l’altro aspetto determinante è la distribuzione nel tempo della piovosità che si presenta assai irregolare:circa il 60 – 65% durante le stagioni autunno – vernine, il 20 – 25% in primavera e per appena il 10 – 15% durante l’estate.
    Tale andamento stagionale delle precipitazioni è caratterizzato come segue.
    Dopo le piogge di aprile-maggio, l’estate presenta una notevole attenuazione delle precipitazioni nei mesi di giugno e luglio. Essa porta sempre una siccità dovuta alla riduzione degli apporti idrici naturali e ad una sostenuta evapotraspirazione, determinata dalla disponibilità energetica piuttosto alta e dalla non trascurabile azione delle brezze di mare, che eliminano il gradiente del vapore acqueo con il rimescolamento dell’aria.
    In autunno le precipitazioni sono elevate; in questa stagione la maggiore nuvolosità del cielo è generata prevalentemente da flussi di aria umida provenienti dal ciclone centro atlantico. Da fine settembre a novembre la precipitazione si mantiene elevata. L’autunno risulta comunque la stagione più piovosa, e questo perché le aree depressionarie transitano molto lentamente, mentre l’inverno si presenta mediamente piovoso.

    TEMPERATURE
    Le temperature medie mensili vanno da 7,5 °C in gennaio (il mese più freddo) a 22,7 °C in luglio – agosto (i mesi più caldi). Le temperature tra i 10° ed i 20° sono prevalenti e sono distribuite con maggiore uniformità, conferendo al clima un carattere temperato.

    UMIDITÀ RELATIVA
    L’umidità relativa media risulta da moderata nei mesi estivi, circa il 70%, ad alta nei mesi invernali, circa l’80%. Le fluttuazioni annue risultano essere lievi.

    VENTO
    La direzione prevalente del vento è S-SO e S-SE. I venti provenienti da Nord provocano repentini abbassamenti di temperatura. Quelli da Sud – Est sono frequenti, invece, durante l’estate e giungono caldi e umidi, mentre quelli da Sud-Ovest, arrivando asciutti, accrescono notevolmente l’aridità dell’aria proprio nel periodo di maggiore siccità.
    I valori medi della velocità del vento vanno da 2 a 2,5 m/s, ma i valori mensili sono instabili e le deviazioni dalla media espresse come coefficienti di variazione (CV) vanno dal 20% al 30%.
    I valori della distribuzione della velocità del vento durante tutto il giorno, osservati per periodi di tre ore nei mesi da aprile a settembre, vanno da 1,3 a 3,4 m/s. Questi valori indicano che la velocità del vento è maggiore nel pomeriggio e tende a decrescere la notte.

    EVAPOTRASPIRAZIONE
    L’evapotraspirazione (EVP) rappresenta la quantità d’acqua dispersa nell’atmosfera attraverso i processi di evaporazione dal suolo e traspirazione dalle piante. L’EVP media più elevata si registra nel comprensorio nel mese di luglio, con 162,5 mm.
    Normalmente il periodo siccitoso ha inizio in marzo e perdura fino a settembre, con forti esigenze idriche in luglio. Il valore di CV è abbastanza contenuto (18% su base annua).